Dopo la morte, a gennaio del 2020, del 79enne sultano Qaboos al Said, il leader del mondo arabo che più a lungo ha detenuto il potere, oggi l’Oman è governato dal sultano – già designato come erede dal suo predecessore – Haitham bin Tariq, in precedenza ministro della Cultura e alla guida del comitato di “Vision 2040”, il piano ventennale del Governo omanita per promuovere una serie di riforme sociali ed economiche.
Situato nella parte meridionale della Penisola arabica, tra Yemen ed Emirati arabi uniti e affacciato sull’omonimo Golfo, l’Oman è una meta turistica internazionale molto amata e gettonata – e giudicata sicura nel quadro mediorientale – grazie alle sue suggestive attrazioni, dalle spiagge al deserto, fino alla famosa Montagna del sole e il Grand Canyon dell’Oman.
Un Paese con molte luci, ma anche tantissime ombre: il rapporto 2021 della Ong Human rights watch sui diritti umani nel mondo osserva che l’Oman continua a essere dominato da autoritarismo e limitazioni alle libertà. Anche sotto il governo del nuovo sultano, la libertà di espressione continua ad essere minacciata, le autorità non smettono di ostacolare i giornali indipendenti e le riviste critiche nei confronti del Governo, persegue e arresta blogger e attivisti. Sempre secondo il rapporto, in Oman continuano le discriminazioni nei confronti delle donne – in fatto di matrimonio. divorzio, eredità, cittadinanza, responsabilità dei figli – e delle persone omosessuali.
Riguardo ai lavoratori migranti, Human rights watch riferisce che spesso sono sottoposti a condizioni di sfruttamento, sono vittime di abusi fisici e sessuali e i loro passaporti vengono di frequente confiscati dai datori di lavoro.