20 anni fa sono stato assolto dal reato di diffamazione, perchè “il fatto non sussiste” per un mio articolo dal titolo “La Lobby del cemento”.
Potete leggere qui di seguito il testo integrale di quell’articolo del 1995: la prima parte pubblicata nella prima pagina del mensile Lo Specchio, la seconda nelle pagine interne (qua sotto).
RILEVANZA GIORNALISTICA
Per la rilevanza di quella assoluzione per la prima volta pubblico integralmente le carte di quel procedimento penale.
Credo possa essere utile in particolare dal punto di vista giornalistico per poter capire fin dove possa spingersi un giornalista investigativo e quando possa essere giuridicamente ravvisato o meno, il reato di diffamazione.
Tanti colleghi giornalisti affrontano ogni giorno cause per diffamazione a mezzo stampa e spesso si tratta di vere e proprie intimidazioni contro la professione. La pubblicazione qui di questi atti, riguardanti la mia causa, è un contributo concreto alla conoscenza e quindi alla tutela della rilevanza sociale della professione giornalistica, del diritto di cronaca. Il ruolo del giornalista libero va difeso sempre dai condizionamenti di Politica ed economia che sempre cercheranno di fermarlo.
Questa da sempre è la storia del giornalismo,
E’ stato un caso scuola che merita essere raccontato e conosciuto.
L’articolo era del novembre 1995.
Uno dei politici che avevo nominato nell’articolo mi querelò.
Dopo una prima condanna in primo grado al pagamento di 1 milione di lire di sanzione dal Tribunale di Oristano nel 1998, sono stato successivamente, definitivamente assolto, perchè il fatto non sussiste, dalla Corte d’Appello di Cagliari , 7 anni dopo, nel 2002.
Contro questa sentenza non venne presentato ricorso e passò così in giudicato.
In questo articolo riporterò la sentenza della Corte d’Appello, presieduta da Fiorella Pilato, che analizzò il testo del mio articolo e anche la richiesta del mio legale Giuseppe Andreozzi, che fu interamente accolta.
“Deve subito rilevarsi che nell’articolo scritto dall’Atzori- si legge a pag 5 della sentenza-non è dato rinvenire alcuna espressione offensiva della reputazione del Sulis: nessuna contumelia gratuita, nessun riferimento alla vita privata della persona offesa e nessuna attribuzione alla medesima di fatti infamanti o illeciti. L’aver inserito il Sulis tra i sostenitori del progetto finalizzato alla realizzazione dell’insediamento turistico de quo, con la asserita partecipazione del medesimo ad una lobby intesa quale gruppo di potere economico , non rappresenta offesa alla reputazione trattandosi di termine ampiamente in uso nel linguaggio giornalistico (e non) al quale non è “lecito” attribuire valenza negativa in mancanza di ulteriori specificazioni”.
Marco Porcu era il direttore responsabile del periodico Lo Specchio, come sempre avviene in questi casi per chi svolge questo ruolo, era coimputato per reato di “omesso controllo ” al pezzo ed ovviamente è stato assolto con me, estensore materiale e firmatario del pezzo, per questo reato.
Per comprendere meglio questa sentenza della Corte d’Appello di Cagliari è bene leggere anche l’impugnazione della sentenza di primo grado presentata dall’avvocato Giuseppe Andreozzi. Qui sotto.
Sono dieci pagine che sono state integralmente accolte nel giudizio definitivo.
LE ALTRE CAUSE PENALI E CIVILI SEMPRE SUL MEDESIMO CASO, DOPO 13 ANNI TUTTE VINTE
Non è stata questa unica causa e processo, sempre sul medesimo caso-tema, che ho dovuto subire.
Ci sono state anche diverse cause civili (poi riunificate) con richieste di lamentati danni per svariati miliardi di lire e ulteriori querele e processi per diffamazione.
Tutti con il medesimo esito: nessun reato riscontrato, ma ho sempre svolto la mia attività di giornalista investigativo, d’inchiesta e ambientale nella legalità e legittimità.
Complessivamente dunque ho affrontato dal 1995 e sino al 2008, la bellezza 13 anni di procedimenti penali e civili: in tutte ho sempre vinto. Ho riassunto nella grafica che segue, tutte le sentenze di assoluzione che mi hanno riguardato .