Nella tutela ambientale anche il coraggio conta e stavolta può ben valere la celebrazione di un processo “storico”.
Lui ha subito svariati atti intimidatori, 2 aggressioni fisiche.Gli hanno lanciato una molotov in piena notte contro casa, e sulla strada gli hanno pure indirizzato direttamente un poco simpatico messaggio, con tanto di nome e cognome: “Se licenziano, sei morto”.
Ha 45 anni, si chiama Omar Cabua, nato e cresciuto in un paesino di appena 1.600 anime in provincia di Cagliari, Samatzai.
La sua solitaria azione potrebbe portare ad nuovo storico processo per il reato di “disastro ambientale.
Per il momento è tecnicamente una “persona informata sui fatti” ovvero il super testimone di una complessa indagine giudiziaria della Procura di Cagliari durata 2 anni, ma ora è pronto a dare battaglia e a costituirsi parte civile, come parte offesa.
Tra una settimana, il 22 di questo mese, ore 9, Tribunale di Cagliari, giudice Gabriella Muscas, ci sarà l’udienza che dovrà valutare la richiesta del Pm Giangiacomo Pilia di rinvio a giudizio a carico di 5 imputati (uno dei quali ha subito anche un provvedimento di custodia cautelare ai domiciliari) e per quel che riguarda la responsabilità amministrativa anche la società protagonista del caso, uno dei colossi italiani del cemento, la Italcementi.
IL REATO DI DISASTRO AMBIENTALE E I PRECEDENTI ILLUSTRI
Il reato di “disastro ambientale in Italia è di recente introduzione (legge del 2015) e i processi già svolti per il suo accertamento, alcuni ancora in corso portano tra i nomi più “famosi” quelli dell’ex Ilva di Taranto, della Thyssenkrupp/Eternit di Torino o del Petrolgate/Eni di Potenza(Val d’Agri).
Il delitto di disastro ambientale, considerato molto grave, è disciplinato dall’art. 452-quater c.p. il quale prevede che: «Fuori dai casi previsti dall’articolo 434» – Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi–“chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni”.
Fino al 2015 non esisteva una vera e propria figura autonoma di reato, configurandosi il disastro ambientale quale grande evento, comprensivo sia degli evidenti eventi disastrosi (immediatamente percepibili) che degli eventi non immediatamente percepibili come tali, esplicanti i propri effetti in un lasso di tempo notevolmente più dilatato e distante rispetto all’evento-causa.
La differenza tra disastro ambientale e disastro innominato è enorme: nel primo caso il bene giuridico tutelato è il bene ambiente, nel secondo caso, esso è costituito dalla pubblica incolumità.
Da qui si può capire l’importanza della prossima decisione del tribunale sardo e dell’azione di Omar Cabua.
“Dal 2011- spiega l’attivista di Samatzai- seguo il caso da solo o quasi contro tutti”.
DUE ANNI DI INDAGINI DELLA PROCURA DI CAGLIARI
Le indagini della Procura di Cagliari sono cominciate nel gennaio del 2018.
Al centro dell’attenzione del Nucleo Operativo Ecologico e dei Carabinieri di Nuraminis, su delega del pubblico ministero Giancomo Pilia c’è un vero e proprio colosso: lo stabilimento Italcementi, in località su Nuraxi, agro di Samatzai.
L’inchiesta non è stata facile, ma l’attività delle forze dell’ordine è stata accurata. Oltre a fotografie, video, testimonianze sono stati utilizzati anche mezzi meccanici inviati dalla Procura per scandagliare i terreni, alla ricerca delle le prove.Su 220 mq di terreno sui quali insiste lo stabilimento, ma anche in prossimità di questo, sono state sottoposte a sequestro dieci aree dove sarebbero stati nascosti 196 mila metri cubi di materiali pericolosi.
In un comunicato stampa del Comando Tutela Ambientale Carabinieri di Roma si legge che: “durante le indagini sono state scoperte diverse discariche abusive di rifiuti pericolosi, realizzate in aree sia interne che esterne al cementificio. In particolare, le attività scavo hanno portato alla luce un considerevole quantitativo di rifiuti industriali, quali oli minerali, parti di demolizioni di impianti, mattoni refrattari, pet coke che hanno gravemente compromesso le matrici ambientali suolo e falda per la riscontrata presenza fuori limite dei parametri arsenico, cromo esavalente, ferro, manganese nonché fluoruri e solfati, esponendo a pericolo la salute della locale popolazione.”
Accuse pesanti per tutti i vertici della cementeria di Samatzai, accompagnate anche da una consulenza tecnica, quella dell’ing.Paolo Littarru. «L’alterazione dell’ecosistema vegetale pare evidente anche in prossimità delle trincee realizzate a valle del cumulo dei rifiuti dove è stata coperta la sorgente Mitza Surri e parte dell’alveo del Rio Surri». Aggiunge ancora il perito: «Il cumulo di rifiuti insiste, infatti, sulle acque della sorgente che sono venute facilmente a giorno a seguito degli scavi durante le indagini. In condizioni normali la sorgente avrebbe fornito acqua durante tutto l’anno».In un caso – hanno rilevato gli inquirenti – il materiale accumulato ha formato una collinetta alta 13 metri.
Ulteriori analisi dei suoli e delle acque, in quell’area, sono inquietanti: sopra le soglie di legge si registrano arsenico, cadmio, piombo, selenio e tallio. Materiali che non appaiono in toto gli stessi in uso per la produzione del cemento.
Per la relazione finale del Consulente, «I rifiuti rinvenuti nel sottosuolo di pertinenza dello stabilimento dell’Italcementi S.p.A. hanno cagionato inquinamento ambientale, con conseguente compromissione e deterioramento significativo e misurabile del terreno e dell’acqua».
La presunzione di innocenza, sino al terzo grado di giudizio vale ovviamente per tutti e qualche appiglio alla difesa per la non sussistenza del reato di disasto ambientale, sembra trovarsi nella conclusione del perito nel passaggio dove si legge anche che «…ricorrendo almeno parzialmente le condizioni di cui alla fattispecie del reato di disastro ambientale caratterizzata da una imponente contaminazione di siti mediante accumulo sul territorio e versamento nelle acque di ingenti quantitativi di rifiuti speciali altamente pericolosi». Su quel “ricorrendo almeno parzialmente “, c’è da giurarsi, si incentreranno le tesi difensive della Italcementi.
L’ARRESTATO E GLI IMPUTATI
Nel corso delle indagini è stato eseguito anche un arresto.
Salvatore Grimaldi Capitello, 46enne, direttore del cementificio di Nuraminis e Samatzai sino al giugno 2019 , il 19 dicembre 2020 è stato sottoposto al provvedimento degli arresti domiciliari dai I Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Cagliari e della Stazione di Nuraminis, coadiuvati nella fase esecutiva dai colleghi del Nucleo Operativo Ecologico di Potenza.
Il provvedimento è stato eseguito a Matera in seguito ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal G.I.P. del Tribunale di Cagliari.
Assieme a lui la richiesta di rinvio a giudizio, che dovrà essere esaminata il 22 febbraio, riguarda : Ignazio La Barbera, Lorenzo Metullio, Giuseppe Cataldo , Basilio Putzolu.
Per responsabilità amministrativa, la richiesta di rinvio a giudizio, è a carico anche della Italcementi Fabbriche Riunite Cemento S.p.A.
Ma ormai manca poco e ben presto sapremo se anche a Cagliari si celebrerà o meno un nuovo processo per l’accertamento del grave reato di “disastro ambientale”.
(Le foto in esterna del servizio sono dell’ufficio stampa del Comando Tutela Ambientale del Carabinieri ).